Existential works in progress

Existential works in progress

mercoledì 30 luglio 2008

Precari, poveri, clandestini e immigrati

Se il linguaggio è tutto



Vicenda precari

Rutelli: «È sbagliato allontanare la prospettiva di un futuro migliore per chi ha un lavoro precario».
Antonio Di Pietro: «E' una norma oscena che deve essere ritirata».
Chi vincerà?

mercoledì 23 luglio 2008

Le Simone De Beauvoir dei noantri


Che razza di femmine! Avanti con le battaglie femministo-padane! La foto è tratta dal convegno "Un impegno concreto per le donne" (un titolo lucido e provocatorio), e loro sono il Gruppo politico femminile della Lega nord. Siamo nelle loro mani, e non c'è molto da aggiungere. Solo una cosa: meglio 'ste ciacione che le marianne.
ps: a proposito di Lega. L'ufficio gadget chiude dal 1 al 31 agosto, segnala il sito. Affrettatevi

mercoledì 16 luglio 2008

Tutta colpa di Federica? (una nuova pedagogia per le ragazze)



Questa la mia risposta ad un articolo della Scaraffia sul Riformista, che diceva: l'uccisione di Federica insegna che occorre una nuova educazione per le ragazze.

«Basta, ora rivoglio tutti i miei figli a casa»: così ha detto la mamma di Federica, nel momento in cui il mondo le è apparso – dopo la tragica notizia dell’assassinio di sua figlia – solo un posto di pericolo e morte. Una donna così tragicamente colpita non può che avere il desiderio, ora, di stringersi a tutti i suoi amori, tra cui i due figli, Roberta e Mattia. Passeranno dei giorni, settimane, mesi: ma poi è probabile che i due ragazzi, lentamente, riprenderanno il volo. Tornando alla loro vita fuori di casa: in un’altra città, in un altro paese. In questo progressivo e nuovo distacco, è ragionevole pensare che Mariagrazia Squarise (non è dato sapere il suo vero nome: in Italia si continua ad utilizzare per le mogli il cognome del marito) non farà differenze rispetto al sesso dei propri figli. Non penserà di far partire Mattia, per trattenere Roberta a sé, e proteggerla dal pericolo che ha corso sua sorella.
Chissà se Lucetta Scaraffia sarebbe d’accordo con questa scelta. Commentando, in un articolo sul Riformista, il caso di Federica, ha infatti sostenuto che l’educazione alla libertà – spinta agli estremi come nel caso dei giovani di oggi, che vagano indisturbati per il mondo, incapaci di assumersi le proprie responsabilità, e con esse, la consapevolezza del rischio – può produrre il paradosso di rendere le donne vulnerabili. E che, dunque, è meglio fare marcia indietro, ripensando l’educazione per le giovani: le quali dovrebbero imparare che dietro nuove e allegre conoscenze possono annidarsi violenza e ferocia.
Ma siamo sicuri che quella che ci occorre è una nuova (o vecchia?) “pedagogia del rischio”? Non sarà invece che essa contribuisce a rinforzare quell’asimmetria tra uomo e donna ancora pesante nel nostro paese? Naturalmente, non si può chiudere gli occhi di fronte alla realtà, ovvero al fatto che il rischio di violenza è maggiore per le donne. E non è difficile capire il perché, pure senza statistiche: la forza fisica, ingrediente atavico rimasto immutato nonostante l’evoluzione, è diversa. Il che significa (ci avete mai pensato?) che un uomo può soffocare una donna, mentre il contrario non è possibile. È giusto che questa verità banale, forse troppo spesso dimenticata, venga ricordata, proprio come alle donne conviene ricordarsi (specie quelle che non leggono Il Foglio), che la loro fertilità finisce a quarantacinque anni, e non con la morte, come per gli uomini.
Eppure, come dobbiamo reagire al bruto fatto della maggiore forza maschile? Che tipo di discorso pubblico e culturale ci si costruisce intorno e quale visione dei rapporti uomo-donna? Lasciamo stare l’area cattolica, dove imperversa ancora l’immagine della donna angelicata (commentando i fatti di piazza Navona, l’Avvenire ha detto che le parole pronunciate dalla Guzzanti sono tanto più gravi in quanto dette da una donna: e perché mai? Un insulto cambia a seconda del sesso?).
Ma al di là dei moderati, a noi ragazze piacerebbe sapere cosa pensino, in merito, i democratici. Ci credono ancora nelle battaglie per l’emancipazione femminile, che non consistono certo in stanchi cori sull’utero mio, quanto nella convinzione che ci sarà presto un mondo nel quale uomini e donne saranno veramente uguali, liberi di viaggiare, ridere, conoscere senza paura? E allora perché, un piccolo esempio, la neonata scuola politica del Pd che si svolge i primi settembre, con una trentina tra esperti ed esponenti del governo ombra non prevede neanche un docente di sesso femminile (un istinto di protezione)?
Si potrebbe forse suggerire all’opposizione di fare sua la proposta di una novella educazione per le bambine – bon ton, poche parole, prudenza e virtù. In fondo, è molto più semplice invitare le ragazze a non uscire, che fare leggi e politiche sulla prevenzione (e punizione) della violenza sulle donne. Anzi, a questo punto la tecnica potrebbe interessare persino la maggioranza: perché Berlusconi, invece che risolvere il problema della spazzatura a Napoli, non dice ai napoletani: “Restate a casa. E chiudete bene le finestre”? Più facile di così.

Fotografia del nostro paese




A voler sintetizzare tutte le varie voci sulle ultime intercettazioni di Berlusconi e su Berlusconi si potrebbe dire che sono una perfetta fotografia del nostro paese. Dove, tra membri troppo arzilli e membri assai avviliti, non c’è un cazzo che funzioni normalmente.

Matrimoni all'italiana



Questo un mio articolo scritto sull'invito di Lidia Ravera a Veronica Lario perchè lasci Berlusconi.

In una sorta di lettera aperta a Veronica Lario, Lidia Ravera esorta la legittima consorte del premier a licenziarlo, ossia divorziare, a causa dei suoi comportamenti di dubbia moralità. Anzi, si spinge fino ad un (femminista) invito di massa: «Licenziarli tutti, quelli che abusano dei nostri soldi, della nostra delega e della nostra pazienza, per farsi i fatti loro. Spudoratamente». Insomma, in una voluta confusione tra privato e pubblico, l’esortazione a Veronica affinché licenzi Berlusconi equivarrebbe a quella rivolta a cittadini e cittadine perché, stufi degli intrallazzi sessuali (e non solo) del loro premier, divorzino da lui.
Colpisce, nelle parole della raffinata scrittrice, una certa semplificazione del rapporto moglie-marito (che peraltro ha sempre afflitto la coppia regale), nella misura in cui descrive l’uomo come il cacciatore cattivo che ne va in giro col fucile in mano, e la donna come Penelope, mite e colta, che se ne starebbe a casa ad aspettarlo, presumiamo leggendo un libro spirituale. Ma questo clichè – moglie angelicata, uomo collezionista di pollastrelle – è così grottesco da smontarsi da solo: non tanto, sicuramente anche, per la coppia in questione, ma soprattutto in generale. Tutti sanno da sempre che, mentre il cacciatore caccia, la moglie a casa si cucina a puntino i suoi galletti. Il clichè si fa ancora più debole laddove si rappresenti un marito che utilizzerebbe, per rifornire di cartucce il suo fucile, i soldi della moglie (ma qui Ravera si riferiva probabilmente ai soldi pubblici). Com’è noto - quando uscirono le dichiarazioni dei redditi on line qualcuno avrebbe dovuto fare una ricerca dei compensi delle mogli, ne sarebbe venuto fuori uno spaccato sociale sconcertante e comico - in genere è la moglie, per drammatica necessità nella maggior parte dei casi, per comodità e pigrizia in molti alti, che vive dei soldi del marito. E per questo cerca di non lasciarlo, soprattutto se alla libertà di fare il galletto pubblico si abbina la possibilità di avere, appunto, un galletto privato.
Certo questo non è il caso della signora in questione, che dei soldi del marito non dovrebbe aver bisogno. Eppure, per ora, inspiegabilmente, resta. Ma come mai questa romantica e colta donna, che ha mandato i figli alla scuola steineriana e sui valori la sa lunga, continua a non “licenziare” il marito? Forse ama gli ossimori? Come in tutti casi, la realtà sarà senz’altro più semplice, perché se non c’è divorzio, esclusa la coercizione, c’è sempre un interesse di qualche tipo a non separarsi. Interesse che, non si fraintenda, può essere talvolta persino l’amore.
A utilizzare, rovesciandola, l’analogia tra matrimonio Silvio-Veronica e Silvio-elettori che Ravera usa, invocando il divorzio (in tribunale?), un bel po’ di cose si capiscono. Infatti, proprio come la signora Lario non lascia il marito, è probabile che l’esortazione della scrittrice agli elettori cadrà nel vuoto. Se la maggioranza del popolo italiano da quindici anni non divorzia da Silvio, una ragione, pur secondaria, ci sarà (come ha raccontato in un interessante pamphlet sull’ambiguità dei comportamenti dei cittadini la psicoanalista Simona Argentieri). Che sia la difesa dei propri interessi, o la necessità di coltivare indisturbato il proprio pollaio privato. Qualcuno ha detto che forse è amore, e non sappiamo quale delle ipotesi sia la più inquietante.
Comunque sia, Ravera un po’ di ragione ce l’ha. È giusto indignarsi e additare alla discrepanza che emerge tra quanto detto nelle intercettazioni e i valori sbandierati da nostri politici. Soprattutto perché quello che le telefonate mostrano è che ai divertimenti privati – e ben diversamente dalle più oneste orge di Mosley – seguono spesso assunzioni con soldi pubblici. Ma ricordandosi, appunto, che il problema dei problemi non è lo scandalo, ma il fatto che allo scandalo, appunto, non segue divorzio (amoroso e elettorale).

giovedì 3 luglio 2008

Una domanda frivola. O filosofica?


Felicità e commozione per la Betancourt libera. Ma a me viene una domanda stramba: come è possibile che questa donna a 47 anni e dopo anni di prigionia non abbia un capello bianco? Questione frivola. O filosofica? Non è forse un segno di resistenza (sia nel caso non le siano venuti, sia nel caso che si tingesse durante la cattività)?Mi viene in mente Maria Antonietta, divenuta completamente canuta la notte prima dell'esecuzione. E tra guerriglieri e rivoluzionari qualche affinità c'è.

mercoledì 2 luglio 2008

Se la cittadinanza è questione di penna



«Purtroppo l'Italia è diventato il Paese senza regole. Come è possibile che, dei 160.000 rom insediati sul territorio nazionale, in 70.000 abbiano ottenuto la cittadinanza italiana senza conoscere adeguatamente la lingua italiana?», si domanda indignato Magdi Cristiano Allam sul «Corriere», suggerendo l'uso, ai fini del controllo dei rom, di tecniche biometriche sofisticate, come il riconoscimento facciale e dell'iride, «per nulla invasive». D'altro canto, aggiunge, «è bene che questa moderna identificazione individuale concerni tutti noi indistintamente». «Concerni»?
Che si corra ai ripari! Non vorremmo per nulla al mondo che la cittadinanza del noto editorialista fosse a rischio.